Ultreya et suseya, adjuva nos Deus

La politica è realmente un servizio per la comunità?

di Paolo Buzzetti

In politica conta raggiungere il risultato o avere idee ed essere coerenti con i principi? Conta l’etica o conta il cinismo? Conta il rispetto per le istituzioni o il vantaggio personale? Conta il vissuto delle persone e quello che hanno fatto o “l’immagine” che il politico sa dare di sé?

Ritengo che la politica sia sana, quando governa ed amministra in modo efficiente con “fatti”, nel pieno rispetto della “democrazia”, quella cosa che cerca di dare a tutti la migliore possibilità di esprimersi, garantendo un equilibrio tra i diversi interessi e ai più deboli i mezzi per non essere svantaggiati nella vita. La politica dovrebbe essere dibattito delle idee dove il corpo sociale, ovvero tutti noi, si possa partecipare, a vari livelli attraverso la “costruttiva” relazione con le persone che lo rappresentano e che sono al servizio dell’interesse pubblico. Possiamo quindi chiedere conto a chi fa politica del suo operato?

Ritengo di si, il politico, a qualsiasi livello, che fa i suoi interessi personali, del suo clan o della sua corrente, che tiene comportamenti che gettano discredito sulle istituzioni o comunque non trasparenti, oppure non fa al meglio il suo lavoro, deve essere messo da parte anche se il suo comportamento, moralmente  censurabile, non costituisce reato.

Le vicende di questi giorni sulla mafia romana hanno riportato l’attenzione su fatti che sono un grave danno per la pubblica amministrazione. Situazioni nelle quali, a spartirsi la torta, ci stanno quelli che si qualificavano di destra e quelli che di spacciavano di sinistra.  La selezione di una classe dirigente capace non esiste più. In nessun partito. Prevale l’idea che basti l’uomo “forte” a mettere a posto tutto e il partito viene creato ad immagine e somiglianza di chi va per la maggiore al momento. Semplicemente l’onesto, quello che non si adegua all’andazzo perché crede in quello che fa, non riesce a far carriera in politica. Fanno carriera quelli che saltano sul carro del vincitore, gli spregiudicati, gli arrivisti ed a volte, purtroppo, anche i disonesti.

Ma i disonesti e gli intrallazzoni sono ai vari livelli nell’organigramma di chi amministra: dal “leader maximo” al “sergente” che disbriga le carte, che mette il “naso” dove non dovrebbe, il “prezzemolino” che pensa di farla sempre franca perché …., bisogna passare da lui per quasi tutto e “cade sempre in piedi” perché si sa ben muovere nella macchina burocratica.

Ve lo ricordate lo scandalo dei rimborsi ai nostri consiglieri regionali? Con gli eletti che si stupivano dicendo che non era reato farsi pagare gli acquisti privati e le cene con i soldi pubblici? Bene, trovo che sia indegno di un paese civile quanto accaduto. Forse bisognerebbe cominciare a punire chi sba­glia. Invece no, non si caccia mai nessuno. Ho trovato incredibile la storia di Pierino Santoro, ex amministratore delle case po­polari di Asti, beccato a rubare 8,5 milioni di euro: ha dichiarato di essere depresso, non ha fatto un giorno di galera e, come se non bastasse, gli abbiamo pure dato la pensio­ne d’invalidità.

La magistratura sempre più spesso scopre che per anni, nel completo disinteresse della politica a vari livelli, il singolo lucra, “sgomita”, intrallazza e si coltiva il “proprio orticello”. A livello globale vengono a mancare ingenti somme purtroppo con il solito copione: meno risorse a favore dei più deboli, per i servizi, per i progetti e per le famiglie. Ma una scelta sbagliata, inutile, senza ritorno per la collettività, può essere considerata anch’essa un danno erariale al pari di una mazzetta? Eticamente sono diverse, ma economicamente hanno lo stesso impatto sui cittadini.

E perché l’accumulo di cariche è oggi molto in voga tra chi gestisce il potere? Quando si sta “dalla parte giusta”, tutto è permesso e spesso, molto spesso, alcuni politici incapaci scaricano sul secondo ciò che il “primo” (il politico in teoria competente in materia), non è in grado di fare o non ne vuole la responsabilità.

I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali. C’è stata una vera è propria cordata per evitare che il Corriere della Sera cadesse in mano di questo o quel partito o di una sua corrente, ma non ho mai sentito nessun giornalista scandalizzarsi per questo; insomma, tutto è già lottizzato e spartito o si vorrebbe lottizzare e spartire. E il risultato è drammatico. Tutte le “operazioni” che le diverse istituzioni e i loro attuali dirigenti sono chiamati a compiere vengono viste prevalentemente in funzione dell’interesse del partito o della corrente o del clan cui si deve la carica, o per ragioni meramente personali. Un credito bancario viene concesso se è utile a questo fine, se procura vantaggi e rapporti di clientela; un’autorizzazione amministrativa viene data, un appalto viene aggiudicato, una cattedra viene assegnata, un’attrezzatura di laboratorio viene finanziata, se i beneficiari fanno atto di fedeltà al partito che procura quei vantaggi, anche quando si tratta soltanto di riconoscimenti dovuti.

Molti italiani, secondo me, si accorgono benissimo del mercimonio che si fa dello Stato, delle sopraffazioni, dei favoritismi, delle discriminazioni in vari ambiti e a vari livelli. Non voglio pensare che gran parte di loro sia sotto ricatto perché abbiano ricevuto vantaggi (magari dovuti, ma ottenuti solo attraverso i canali dei partiti e delle loro correnti) o sperino di riceverne, o temano di non riceverne più….

La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte e basse sfere della politica e dell’amministrazione, sia necessario scovarli, denunciarli e renderli inoffensivi. La questione morale, nell’Italia d’oggi, fa tutt’uno con l’occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt’uno con la guerra per bande, fa tutt’uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati: sono stufo di vedere l’arroganza della classe politica, sono nostri dipendenti, non lo devono mai dimenticare! Ecco perché sostengo che la questione morale, le attitudini, l’impegno e le reali competenze siano il centro del problema italiano.

Non basta fare il “politico” di professione per essere un buon politico, non basta essere da tanti anni in politica per essere competente, non basta avere la velleità di amministrare se non si possiedono delle peculiarità al passo con le nuove esigenze e con le nuove sfide.

Quel che deve interessare veramente è la sorte del paese, partendo da Pecetto. Mi auguro che nel 2018 qualche “guizzo” propositivo affiori, mi auguro che il nostro Sindaco e la sua giunta facciano loro le effettive esigenze dei cittadini, che il confronto sia reale e costruttivo, che le proposte della “minoranza” non vengano sempre guardate con sospetto e che non si abbia più la sensazione di aver a che fare con un “muro di gomma”. Io ci credo ancora e lavorerò affinché in Pecetto si attui quel rilancio che la collettività merita. Buon Natale a tutti voi.

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1 commento

  1. Amministratore

    Thank you for your good opinion! We have not done anything. I think it is the high number of accesses that has brought in a short time the site to “rise in the standings”. Best wishes.

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