Alzi la mano chi non ha mai fatto un regalo ad un parente o ad un amico.

Non è difficile immaginare che ad un’esortazione del genere l’intero uditorio rimarrebbe a braccia conserte: nella vita di tutti i giorni frequentemente accade che ci si spogli di un bene per regalarlo ad una persona a noi cara.

In termini giuridici l’atto con cui taluno “regala” un bene ad un altro soggetto prende il nome di donazione e – per la sua validità – impone il rispetto di ben precise norme inderogabili: tra queste la forma dell’atto pubblico (stipulato dinanzi ad un notaio) e la presenza di due testimoni.

Beninteso, non per tutte le donazioni è necessario ricorrere al notaio: quelle di modico valore o quelle effettuate in conformità agli usi (si pensi ai regali in occasione del Natale o del compleanno) sono comunque valide ed efficaci anche senza il ministero notarile.

Al contrario, per tutte le donazioni di immobili, di mobili di un certo valore (si pensi a costosi gioielli, oggetti d’antiquariato, automobili) e di denaro è d’obbligo ricorrere all’atto pubblico in presenza di due testimoni. La conseguenza del mancato rispetto della forma è la nullità dell’atto.

È quindi da tenere ben presente che anche la donazione di denaro di considerevole ammontare non può essere attuata con la semplice consegna della somma (assegno o bonifico, ad esempio): i rischi che si corrono sono anche di natura fiscale, dal momento che i soggetti coinvolti nella donazione (donante – colui che dona – e donatario – colui che riceve la donazione) possono esporsi ad accertamenti di carattere tributario.

Quando la donazione è effettuata in favore di legittimari – cioè quei soggetti ai quali la legge riserva una quota di eredità in caso di morte di uno stretto congiunto: coniuge, genitori e figli – si considera come un anticipo di eredità, con la conseguenza che alla morte del donante essa dovrà essere imputata alla quota di riserva.

Proprio per le inevitabili ricadute in ambito successorio, la donazione è considerabile come un atto “a rischio”: qualora, infatti, essa abbia depauperato il patrimonio del donante a tal punto che il legittimario non possa ricevere per successione il minimo garantito dalla legge, questi potrà aggredire la donazione e privarla d’efficacia, attraverso l’azione di riduzione.

Non c’è modo per rendere sicura la donazione effettuata finché il donante è ancora in vita: solo alla sua morte i legittimari lesi potranno manifestare il proprio assenso, rendendola in questo modo inattaccabile.

Al di là delle inevitabili problematiche sopra succintamente delineate, la donazione è in realtà un atto idoneo alla soddisfazione di plurimi interessi: è infatti possibile apporre ad essa un onere (“ti dono questa casa con l’onere di prestarmi assistenza sino alla mia morte”) o riservarsi un diritto sul bene donato, ad esempio l’usufrutto (donazione di nuda proprietà con riserva di usufrutto: in questo modo il donante continuerà a godere del bene sino alla sua morte e saranno a suo carico le spese ordinarie e le eventuali imposte).

Da ultimo, merita un cenno il trattamento tributario della donazione.

Quando a ricevere è un coniuge o un parente in linea retta (genitori, figli, nipoti) sino ad euro 1.000.000,00 non v’è alcuna imposta da corrispondere (eccetto l’imposta ipotecaria e l’imposta catastale per gli immobili): sull’eccedenza si pagherà il 4%; quando a ricevere è un fratello/sorella si pagherà il 6% sul valore eccedente euro 100.000,00; quando a ricevere – infine – è un estraneo non v’è alcuna franchigia e l’imposta sarà pari all’8%.

La tassazione potrebbe apparire elevata: in realtà è sufficiente un rapido sguardo alla legislazione tributaria di alcuni paesi europei per rendersi conto del contrario.

In Inghilterra – ad esempio – l’aliquota minima è pari al 20%, in Germania ed in Francia oscilla da un minimo pari al 7% ad un massimo pari al 30% (e oltre): insomma, una volta tanto essere i “fanalini di coda”.. conviene!

Alessandro Sampò

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