Non solo ciliegie a Pecetto, non solo S. Sebastiano, la Torre e la chiesa del Vittone. Un’altra prerogativa del paese sono le sue case: addossate intorno al centro storico, disseminate lungo i profili della collina a macchiare di colore il bosco, contornate da verdi prati e campi coltivati, ingentilite da balconi e giardini
fioriti, esse non sono semplici nidi dove abitare insieme ai propri cari, ma traboccano di secolare umanità, di vite vissute nella dura fatica dei lavori della terra, di sereni giorni di vacanza e di riposo, di quotidiane frenetiche abitudini di oggi, di curiose storie di ieri da raccontare.

Possono essere case di paese, cascine, casolari, ville antiche e moderne, costruite nei secoli da chi è nato e vissuto in collina o da chi veniva dalla città per la villeggiatura.

Un particolare valore storico e culturale è concentrato nelle ville costruite dal Settecento in poi e frequentate da famiglie importanti provenienti da Torino e che qui trovavano atmosfere incantate.
Le prime incominciarono ad essere costruite o comprate a metà del Cinquecento, in molti casi per fuggire alla peste che ammorbava la città, confidando in un’aria più salubre e in una minore densità di popolazione.

Nel Seicento le ville continuarono ad aumentare, ma, con il regno di Vittorio Amedeo II sempre in lotta, ora con, ora contro la Francia, anche la collina torinese subì i danni della guerra. Dopo la fine dell’assedio del 1706 i francesi se ne andarono, la vita riprese il suo corso normale e le ville sulla collina ritornarono a moltiplicarsi.

Molti preferirono chiamarle <<Vigne>>, anche se alcune erano splendide e grandi, a rimarcare la loro caratteristica di casa di campagna, spesso associata ad un rustico e a un terreno coltivato, per lo più a vigneto. Niente a che vedere con <<podere>> oppure <<cascina>>, termini che caratterizzavano uno
sfruttamento agricolo.

Cambiarono frequentemente di proprietà, subirono modifiche e ristrutturazioni nel corso dei secoli, alcune furono demolite per costruirne di nuove. Molte sono giunte fino a noi e sono ancora abitate, altre sono in attesa di qualcuno che si innamori di loro e che abbia la volontà e la possibilità di acquistarle e riportarle all’antico splendore.

Sono inserite in un contesto che ha visto crescere attorno a loro condominii e ville moderne ma non si sono lasciate sopraffare. La signorile architettura delle loro linee è rimasta inalterata, ricca di fascino ed eleganza, a testimoniarci un passato che certamente non tornerà più, ma che resta degno di essere ricordato e perpetuato nel tempo.

Villa Mogna

VILLA MOGNA

Fu la residenza di Mario Mogna, l’avvocato amico di Giolitti, fervido propugnatore della coltivazione dei ciliegi, che fu sindaco del paese dal 1914 al 1926. La villa divenne di proprietà della sorella Gemma e del marito On. Lorenzo Bonino e poi dei loro figli Emma e Giorgio Bonino che fu sindaco dal 1946 al 1956. Chiamata anche Villa Bonino, recentemente è stata sede della Scuola Americana.

VILLA TALUCCHI-PALLAVICINI

Già Monastero delle Monache Cistercensi di Chieri fino al 1802, venne acquistata dal signor Ignazio Nota, poi venduta alla famiglia Tarino e pervenuta infine alla famiglia Talucchi-Pallavicini. Nel suo parco si erge il famoso cedro secolare, all’ombra del quale veniva a passeggiare Silvio Pellico con la sua Gegia, cugina dell’attrice Carlotta Marchionni, protagonista della Francesca da Rimini.

VILLA SACRO CUORE

La villa sorge nel luogo dove si ritiene sorgesse la casa-forte dell’antico ricetto, chiamata, anche se impropriamente, “Il castello”. Nel corso dei secoli si succedettero diversi proprietari e molte furono le modifiche che vi apportarono.

Villa Sacro Cuore

Furono i fratelli Saverio e Giovenale Vegezzi-Ruscalla che diedero corso a grandi lavori di trasformazione alla villa dal 1848 al 1855, fra cui, grazie anche al favore del dolce clima pecettese, il meraviglioso parco-giardino con piante mediterranee: allori, agavi, ulivi, eucalipti, lecci e tanti altri ancora. Fino a qualche decennio fa un olmo slanciato superava in altezza il campanile. Oggi sono rimasti una quercia, qualche ippocastano e, verso il Rivass, alcune palme e un leccio.

La villa prese il nome di Villa Nigra quando ne diventò proprietario il fidato segretario di Cavour, Costantino Nigra, che la ricevette in dote dalla moglie Emerenziana, figlia di Giovenale. Il matrimonio venne pianificato dallo stesso Cavour. Il Nigra soggiornò a Pecetto per quasi vent’anni, ospitando in villa personaggi d’alto rango. Anche la contessa di Castiglione fu presente nella villa.

Il Nigra fece aprire sul piazzale Rivass un nuovo passaggio carraio, ancor oggi visibile, che consentiva alle carrozze l’accesso diretto ai sotterranei.

L’unico figlio del Nigra, Lionello, non amò mai la villa e nel 1891 la vendette al Capo mastro Giovan Battista Triulzi, che vi eseguì altri lavori. Subentrò nella proprietà il figlio Duilio, podestà di Pecetto dal 1931 al 1935, a cui si deve la sistemazione della piazza del mercato delle ciliegie, la costruzione della
gradinata della Parrocchiale e la rete dell’acqua potabile.Morì giovane nel 1937 e, pur garantendo alla vedova l’usufrutto vitalizio, la lasciò in eredità al nipote Giuseppe Rolando.

Questi, a causa di azzardati investimenti, si indebitò a tal punto che la villa fu messa all’asta e venne acquistata nel 1958 dalla parrocchia che ne entrò però in effettivo possesso solo nel 1971, alla morte della signora Triulzi. La villa, alla fine degli anni ’80, fu oggetto di profonda trasformazione, nel corso della quale venne purtroppo abbattuta l’elegante e caratteristica torretta merlata che si ergeva sopra il tetto. Villa Triulzi divenne così l’anonima Villa Sacro Cuore.

VILLA BENNE

La villa, il cui nome significa capanne, venne probabilmente edificata verso il 1780, proprietaria la famiglia Tabasso. Nel 1812 ne risulta proprietario Gasparo Levetto, legato ai Tabasso da vincolo matrimoniale.

Successivamente la villa dovrebbe essere entrata nel patrimonio della famiglia Nigra, Francesco e i figli Felice e Luigi, che nel periodo 1820-1835 diventarono padroni di mezza Pecetto (possedevano anche “il castello). Si definivano banchieri ma erano in realtà usurai che, in mancanza dei rimborsi dovuti,
usavano espropriare la terra ai debitori.

Nel 1848 i Nigra furono costretti a vendere tutte le loro proprietà a causa di difficoltà finanziarie legate agli andamenti della borsa e quindi anche Le Benne.

Nel 1861 risulta proprietario Bartolomeo Ferrero Un elemento architettonico di caratteristica rilevanza sono i due piani di logge con il tradizionale grande abbaino che furono probabilmente aggiunti in un
secondo tempo all’originario edificio quando si volle conferire alla villa un aspetto più elegante e differenziarla dalla contigua cascina.

Comune di Pecetto

LA VILLA DEL MUNICIPIO

La Villa Veglio fu acquistata dal Comune all’asta nel 1986, per potervi trasferire gli uffici comunali allora situati nella palazzina in Piazza della Parrocchia ove adesso c’è la biblioteca. Dopo la ristrutturazione la nuova sede del Municipio fu inaugurata domenica 29 maggio 1988.

Nel grande parco svettano un faggio secolare al centro e, più defilato, un gynco byloba, albero secolare giapponese caratteristico per le foglie a foggia di ventaglio.

VILLA GONELLA

Il Prof. Giuseppe Gonella, morto nel 1933, lasciò ai Pecettesi la sua villa e i suoi beni da impiegare per una Casa di Riposo che venne aperta e benedetta dal Cardinal Maurilio Fossati nel 1958.

CASA BREUJ

In Via Circonvallazione, poco prima la rotonda della strada per Chieri, sorge un edificio riconducibile alla antica Casa Breuj, della famiglia Broglio, che diede il nome alla Regione circostante. La casa ospitò tra il 1615 e il 1617 i fratelli Carlo e Alessandro Broglia, rispettivamente Arcivescovi di Torino e Vercelli, e venne poi comprata dai Cinzano, che in quelle cantine inventarono il loro vermouth.

Antonio Cinzano, parroco di Castelnuovo, vi ospitò spesso il giovane seminarista Giovanni Bosco.

LE ARNELLE

La villa sorge, incastonata nei verdi boschi del pendio collinare che scende dall’Eremo, subito dopo il Tavolazzo, all’inizio della strada che si diparte a sinistra, proprio di fronte al Fontanone, e si addentra nella Regione Ripalta. Fu in quella casa che nacque nel 1877 Barbara Allason, la celebre germanista e scrittrice nonché militante antifascista.

Barbara Allason

Il nome originario della famiglia era Alasone, ma, sotto il dominio napoleonico, diventò Allason.

La casa venne lasciata in eredità da Giovanni Battista al terzogenito Giuseppe intorno al 1800, e da lui passò al figlio Ilario, il nonno di Barbara, che la ristrutturò e l’amò con passione così come con passione amò la vita rustica e i lavori della terra, sempre attento nei confronti dei suoi coloni.

Sposò una francese, Pauline Gajal, da cui ebbe tre figli: il primo, Ugo, nacque nel 1844, fu maggiore d’artiglieria, sposò una viennese, Pauline Kuntzler, e fu il padre di Barbara e di Silvia.

Alle Arnelle visse anche lo zio Silvio, affermato pittore, e lì la scrittrice passò ore dense di palpiti, di speranze, di lavoro e di sogni, come lei stessa ebbe a scrivere.

VILLA GIBELLINI

La villa, chiamata un tempo anche “Cascina degli Ulivi” per l’esteso oliveto che la circondava, appartenne ad una delle famiglie più importanti dell’antica Pecetto e ospitò illustri personaggi. Nei primi anni del ‘600 Carlo Emanuele I vi venne molte volte per partecipare ad incontri rivolti a cercare una soluzione alla questione valdese.

Giovanni Michele Gibellini (n. a Torino nel 1629) fu amico del Beato Sebastiano Valfré e, in qualità di procuratore dei valdesi, era in contatto col marchese Benedetto Cisa di Gresy, nato a Chambery, che teneva i collegamenti con la Francia.

Gioacchino Gibellini, maggiore nel Reggimento della Regina, fu sindaco del paese, dal 1825 al 1827 e per un breve periodo del 1836. Secondo Barbara Allason fu lui a comprare la casa nel 1807 dal controllore Veglio. Anche il fratello Vincenzo servì nell’esercito e fu Capitano nel Reggimento Pinerolo.

Dal terzo fratello, Bonifacio, discese Vittorio che fu Colonnello dei Carabinieri, e da lui Alfredo, che partecipò alla guerra ’15-’18 come Tenente di Fanteria e fu preso prigioniero. Anche il fratello Roberto vi prese parte come Capitano d’Artiglieria e morì nel 1920 a causa di malattia contratta in guerra. Pure Alfredo morì presto, ma fece in tempo ad avere due figlie. Maria Luisa e Paola, e a ricevere nel 1937, insieme alla sorella Maria e alle cugine, il riconoscimento di Nobile e dello stemma.

VILLA ANNUNZIATA

Fra le case in Valle Canape spicca quella che un tempo fu chiamata Villa Annunziata, di proprietà degli Asinari della Costa. Anch’essa ospitò illustri personaggi e vi si tennero importanti incontri politici.

Una Asinari della Costa, Caterina Violante Adelaide, sposò un Gresy, ed il figlio Vittorio Amedeo, feudatario di Pecetto, poté, nel 1669, unire al proprio titolo nobiliare quello della madre, e la famiglia prese conseguentemente il nome di Cisa Asinari marchesi di Gresy.

Barbara Allason racconta che i discendenti si disamorarono della villa che venne venduta, con tutti i suoi mobili e quadri, ad un usuraio che la rivendette poi a degli agricoltori, i quali ne affittarono una parte a tre sorelle che per un certo tempo ne fecero una pensione per famiglie.

(tratto da Pecetto, Immagini Pensieri Ricordi di Sergio d’Ormea)

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